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2024-12-15


Daniele Sanzone degli 'A67 ci racconta il nuovo albumNaples Calling!

Ciao Daniele, è un piacere conoscerti e grazie per l’intervista! Complimenti per il vostro ultimo disco Naples Calling, e per il vostro lavoro.

In Blue Moon parlate della dipendenza dai social. Credi che usciremo da questa quarantena in overdose di video di gatti e fake news?

Dopo i disastri c’è sempre un grande cambiamento, un approccio alla vita migliore, prima di assuefarsi nuovamente, di dimenticarsi. L’uomo ha bisogno di alienarsi da sé per dimenticare l’angoscia della morte. Sembra che la natura ci abbia imposto un fermo, per farci capire che abbiamo superato ogni limite e che dobbiamo imparare a guardare il mondo in modo diverso, per vivere meglio tutti insieme. Credo che i social, in questo momento, spesso, siano espressione dell’ego.

Ascoltando le vostre canzoni mi sono fatto l’idea che sei un lottatore.
Mi definisco un realista. Sono nato e cresciuto in un quartiere difficile come Scampia, ho conosciuto presto la cruda realtà e la mia visione del mondo viene da lì. Sono un lottatore per necessità. Penso a 'A Camorra Song'io, uscita nel 2005 in piena faida, anticipando i temi di Gomorra di Saviano. Per me scriverla è stata un’esigenza, sarei morto altrimenti.

Come coniughi la scrittura e la musica, sei prima scrittore o musicista?
Tutto ciò che faccio è una manifestazione di amore per la scrittura in tutte le sue forme, comunicare, con una canzone, un articolo o un libro è per me vitale. Da bambino non avrei mai immaginato di salire su un palco, poi nel ‘90 il movimento posse e dell’alternative italiano arrivò anche a Scampia, e capii che potevo fare musica anche solo andando a tempo su un beat, e soprattutto capii che avevo qualcosa da dire. Gli 'A67 in questo senso sono stati una risposta naturale a una condizione sociale difficile. Iniziai a scrivere testi che sono poi diventate canzoni.

Che ne pensi della serie TV Gomorra, e della spettacolarizzazione del crimine?
È un discorso complesso. Ho conosciuto Saviano prima di Gomorra, insieme abbiamo registrato TammorrAntiCamorra e dopo la pubblicazione abbinavamo i nostri concerti a letture del libro. Credo che Gomorra sia stato fondamentale, ha fatto luce su diverse zone d’ombra, con un’arma potentissima, la letteratura. Belli gli adattamenti, anche il film, anche se lascia lo spettatore senza speranza. La serie TV invece racconta solo il punto di vista criminale, sovrapponendo luoghi e personaggi lontani nel tempo, e ne omette la genesi del fenomeno: da 40 anni lo stato ha abbandonato in modo criminale questi territori, poi presi d’assalto dalla camorra che ne ha riempito i vuoti. Facile scandalizzarsi per le centinaia di morti ammazzati, ma nessuno pensa a come siamo arrivati fino a quel punto.

La demolizione delle Vele è stata riportata come un evento positivo, ma potrebbe essere anche una sconfitta. Cosa ne pensi?
È innanzitutto la sconfitta di un progetto degli anni ‘80 che doveva essere il simbolo del riscatto dopo il terremoto. Me è anche la vittoria immensa di un comitato che lotta da 30 anni per cambiare le cose. La vera sfida arriva ora, dopo gli abbattimenti. Il piano di riqualificazione annunciato nel 1995 non è stato mai avviato. Oggi si sta facendo qualcosa, ma il vero cambiamento ci sarà se e quando arriveranno lavoro, sviluppo e cultura. Questo è l’unico modo per togliere terreno alle mafie, per offrire davvero un’alternativa a chi vive ai margini. E con il progetto Scampia Trip cerco di spiegare la complessità di questa situazione fuggendo dagli stereotipi imposti dai media.

Parliamo del tuo libro Camorra Sound, vincitore del Premio Borsellino nel 2014.
La musica neomelodica, spesso denigrata, è un fenomeno glocal, voce di un determinato gruppo sociale. Nel libro ho messo in dubbio la credenza che la ritiene un male assoluto, e ho analizzato il ruolo della cosiddetta musica impegnata, che avrebbe dovuto prendere posizione contro la camorra.

La generalizzazione che si fa della musica neomelodica sembra essere uno dei problemi, che ne pensi?
Semplificare non è mai un bene. Una buona canzone neomelodica - e ce ne sono molte – ha le stesse qualità di un successo della Pausini, testo e musica. Ma nel caso del neomelodico c’è pregiudizio. Alla fine i veri rapper italiani sono i cantanti neomelodici, con la loro musica frutto di un disagio sociale. Se Chuck D dei Public Enemy diceva che l’hip-hop è la CNN dei poveri, in Italia la CNN è data sicuramente dal fenomeno neomelodico. La tradizione musicale a Napoli è così forte da poterci confrontare con tutti i generi, italiani e non, senza riprodurli in modo sterile, scimmiottarli, ma miscelando la nostra tradizione con i suoni che arrivano d’oltreoceano, basti pensare a Carosone con il jazz, e a Pino Daniele con il blues. Pino era blues, ma napoletano, con un suo linguaggio unico.

In Naples Calling, perché Pulcinella prende fuoco, e perché corre?
È incazzato nero. Temo l’indifferenza generale, e nel video è rappresentata tragicamente. Quando Pulcinella si dà fuoco lo filmano, è drammatico. C’è bisogno di un atto estremo per scuotere dal torpore, e così Napoli lo compie: la sua maschera, Pulcinella, si immola come Ian Palach durante la primavera di Praga.

Avete creato un mondo suburbano vivo, colorato, penso al lavoro con Felice Pignataro, e alle collaborazioni di Suburb. Qual è il rapporto tra Scampia e i colori?
Crescendo qui mi sono abituato al grigio, e a immaginare il mondo. Il problema di chi nasce in periferia non è il luogo fisico, ma il ghetto mentale che imprigiona e mostra il mondo da una sola prospettiva. Per uscirne devi viaggiare. Curiosità e fame di mondo e colori hanno guidato la nostra musica. Per il concept di Suburb - la periferia fisica e mentale, l’alienazione e la malattia mentale - abbiamo trovato gruppi che condividessero il nostro sguardo, creando abbracci sonori, nati da amicizie profonde, come quella con Caparezza e Frankie Hi-NRG.

Come è stato collaborare con loro per Brava Gente e Il Male Minore?
Per me Frankie è da sempre il numero uno. Quando ci conoscemmo si complimentò per il nostro primo album, fu un onore. Lo stesso è avvenuto con Caparezza, che ci conobbe attraverso Zulu dei 99 Posse. C’è stima reciproca e affetto, impari tanto da loro, capisci che l’umiltà ti permette di rimanere aperto al mondo, per crescere personalmente e artisticamente.

Cosa avete cambiato nello stile di Naples Calling rispetto ai precedenti lavori?
'A Camorra Song'io era una miscela di influenze, con Suburb abbiamo scelto il rock perché a Napoli era una strada poco battuta rispetto al dub, al reggae e al blues. Il rock rappresentava bene la nostra rabbia. Anche oggi siamo arrabbiati, ma in modo diverso. Naples Power e Suburb sono dischi più rock, Naples Calling è senza timori pop, un sogno nel cassetto che avevamo perché amiamo la musica elettronica e il pop fatto bene. L’obiettivo è far pensare senza rinunciare alla musicalità. La musica non può e non deve essere un comizio politico.

Dicevi che da bambino non ti saresti immaginato di salire su un palco. Hai fatto un lungo percorso che ti ha riportato a dove sei sempre stato e alla scrittura?
Crescere a Scampia ha influenzato la mia vita, è il mio punto di partenza. In Naples Calling partiamo da Scampia per parlare del mondo, ma la citiamo solo ne I Colori:

[…] del mio quartiere sono l’ombra,
che ancora mi precede in ogni dove
l’utopia di Felice che non muore […]


Felice Pignataro parlava dell’utopia sui muri, e noi ritorniamo sempre sulle strade dove siamo cresciuti.

Sbaglio o c’è un’affinità elettiva con i Modena City Rambler? Pensavo alla sequenza di canzoni in Suburb, da Psycho P, L’Inno dei Muralisti e Felice.
C’è molto affetto, con Francesco Moneti e tutto il gruppo. Ne L’Inno dei Muralisti la voce è proprio quella di Felice Pignataro! Gli abbiamo dedicato la canzone omonima, assieme al cantante dei 24 Grana, Francesco Di Bella. Psycho P invece parte dalla nostra cover di Don Raffaè di De Andrè, recensita tra le 10 migliori mai fatte! La nostra manager, Giorgia Fazzini, ci presentò Mauro Pagani che si complimentò con noi, e la suonammo insieme live. Poi decidemmo di rileggere in chiave punk una sua cover, Psycho P.

Come avete elaborato il tema delle relazioni sentimentali e delle emozioni in Naples Calling?
È il disco con più canzoni d’amore in assoluto, è molto emotivo. Scrivo spesso in modo cerebrale, basti pensare a Blue Moon o a 'A Camorra Song'io. Sono molto cervellotico, come Caparezza e i suoi bellissimi doppi o tripli significati. In Naples Calling mi sono forse lasciato trasportare di più, è un disco più intimo.

Articolazione estrema, sintesi, e semplicità. Nei tanti anni degli ‘A67 e scrivendo, cosa ne pensi della semplicità?
La semplicità spesso è associata erroneamente alla banalità. È in realtà una conquista, c’è bisogno di tanto lavoro e tempo per raggiungerla, si tratta di capire cosa devi togliere. È comunicare l’essenza del messaggio per raggiungere più persone possibile. Prendiamo Blue Moon: è orecchiabile e ti trascina, ma se cerchi informazioni sull’operazione blue moon scopri cosa è successo negli anni ‘70.

Cosa ne pensi dei generi o dei gruppi che si fanno vanto di una foto scattata davanti a una delle Vele?
È il paradosso contemporaneo della musica, specchio di questa società. Musicalmente la trap offre cose interessanti, ma i testi sono frutto del momento storico. Negli anni ’90 i 99 Posse e gli Almamegretta parlavano di certi argomenti, oggi chi scala la classifica canta spesso volgarità che sono il riflesso di questa società. Ma la musica impegnata non è finita, ha difficoltà a emergere perché non le viene dato spazio. Negli anni ’90, centri sociali, televisioni e radio promuovevano e creavano luoghi fisici per esibirsi, ora tutto è scomparso.

Secondo te ci sarà un nuovo alternative italiano in futuro?
C’è terreno fertile, il piattume di ora farà sì che nasca la necessità di ascoltare altro.

Avete in programma delle date per presentare Naples Calling?
Dovevamo tornare a Napoli il 7 marzo, ma chiaramente purtroppo è saltato tutto.

Come è stato stare su un palco così grande come quello del concerto del Primo di Maggio a Roma?
Una figata, 500mila persone, adrenalina pura. Nonostante la gavetta, vedere quel mare di gente e l’idea del pubblico a casa ti fa effetto. Come stare sul palco di Pino Daniele, suonare con lui nel 2014 è stata una delle esperienze più belle della mi vita. Qualche tempo prima Pino dichiarò che gli A67 erano i nuovi paladini della musica napoletana. Sapere che non solo ci conosceva ma addirittura ci stimasse è stata una gioia immensa! Siamo stati fortunati.

Siete stati bravi!
Sì, ma anche fortunati. Il mondo della musica è complesso, ci sono artisti che valgono meno e si trovano in situazioni migliori, sicuramente devi avere talento, ma non dipende solo da quello.
Tag: 'A67, Naples Calling, Napoli, alternative italiano
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